domenica 9 febbraio 2014

Di una mattinata piena di emozioni...

Siamo umani e viviamo emozioni. Questo è assodato.

Siamo travolti dalle emozioni ad una festa, guardando un cielo stellato, quando ci pestano un piede, quando ci rispondono in maniera poco carina, al lavoro... Ogni momento della giornata siamo accompagnati da emozioni e sensazioni, sempre diverse, per tipologia ed intensità.
Quando siamo in famiglia, bè, abbiamo il nostro spazio e conosciamo il territorio in cui muoverci, quindi esprimerle non ci costa un grande sforzo, ma quando siamo sul lavoro?

Spesso sono stata investita da diverse emozioni, ho pianto, ho riso come se fossi davanti al regalo più bello, ho provato rabbia, paura e sicuramente gioia.
Altre volte, però, non bussa un'emozione sola, ne arrivano diverse tutte insieme e non c'è una ricetta pre confezionata che mi suggerisce come gestire quel momento così complesso.

Per esempio:

Mercoledì, lascio il posto di lavoro per un'ora (non per divertimento, ma per un colloquio con una struttura che avrebbe dovuto ospitare un ragazzo). So cosa ho lasciato, ma non sapevo cosa avrei ritrovato.
Lascio tranquillità e serenità, forse un pò di esuberanza, ma tutto nella "norma".

Al mio rientro ritrovo un ragazzo in lacrime, sconcertato, arrossato in viso e con accanto un foglio con poche righe scritte: "Non voglio più versare lacrime per chi mi vuole male, non è giusto star male per chi dovrebbe essere tuo amico".

Cosa può essere successo in un'ora di assenza?
Cosa può aver scatenato una reazione simile?

Io non ho potuto fare a meno di provare una morsa allo stomaco, sono umana e "sensibile".
Mi siedo accanto a lui, attendo qualche istante per rispettare il suo pianto e la sua respirazione, gli sguardi si incrociano, quegli sguardi che ti arrivano fino allo stomaco da quanto sono intensi.
Gli chiedo se vuole uscire per potermi parlare con più calma. Annuisce, ci alziamo, lui si asciuga le lacrime e cerca di tornare quello di sempre.
Entriamo in una stanza e gli chiedo se, ora, ha voglia di dirmi cosa sia successo..

Mi racconta che alcuni suoi amici hanno raccontato una storia falsa sul suo conto che questo lo ha ferito perchè tutti sanno che... "Io sono dell'altra sponda!"

Ecco il punto. Stiamo lavorando sulla sua omosessualità. Lui ne è consapevole e questo è già un punto di partenza. Per lui non c'è nulla di strano, per me non c'è nulla di strano, ma per gli amici no.
Mi racconta che non è la prima volta che viene preso di mira per questo motivo e che lui soffre per questo.

Quel momento era carico di tensione emotiva, io ho cercato di non ascoltare la pancia esclusivamente la mia "pancia", ma anche il cervello, essere razionale e riportare la calma. Una mezz'ora buona è passata e tutto è rientrato, salvo il dispiacere di aver provato un brutto mix di emozioni per via del suo essere.

"Sii te stesso senza paura, sarà difficile, ma non avrai mentito a te, M."

Quanto è difficile stare in questa società?
Perchè lottare ogni giorno per quello che si è?
A cosa può portare la sofferenza per la mancata accettazione?

Forse, il video qui sotto, può insegnarci qualcosa.




Chiara


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