martedì 6 agosto 2013

Il paradosso italiano - di Gabriel Lena

In un paese considerato normale e moderno, una volta letta la sentenza in Cassazione si assorbe il colpo, si può anche reagire come è giusto che sia per la ratio umana, ne consegue però una esecuzione della pena. D’altronde, la “Legge è uguale per tutti”, no? Ma noi non viviamo in un paese normale, noi viviamo in un paese paranoico nel quale il sistema giudiziario è costantemente strumentalizzato e messo sotto accusa dalla classe politica. Le nostre radici ci insegnano che viviamo in un paese profondamente martoriato in passato dal regime totalitario. I Padri Costituenti avevano ben chiaro che, per evitare di ripiombare in periodi bui e di terrore, era doveroso separare nettamente i tre poteri dello Stato. Cosa resta quindi di tutte quelle bellissime frasi scritte sulla nostra Carta Suprema? Il silenzio.
In questi giorni si è raggiunto, credo e spero, il picco più elevato dell’assurdo e dell’insensato per il genere umano. Viviamo in un paese nel quale, parte della classe politica, si mobilita come non mai per difendere il proprio leader condannato. Accanto a questo, viviamo in un paese nel quale centinaia di persone arrivano a fine mese con molta fatica, e non potendo più sopportare sulle proprie coscienze il peso del fallimento causato dalla crisi globale, si tolgono la vita, annientando per sempre la felicità di intere famiglie. Viviamo in un paese nel quale disabili e anziani non sono tutelati, e i loro diritti, considerati essenziali, vengono messi all’asta in base alle decisioni della classe dirigente. Ma vi pare possibile che nel 2013, un politico, possa decidere se finanziare oppure tagliare oppure azzerare un fondo da destinarsi alla coesione sociale? Strumento teso a tutelare dei diritti primari e sacrosanti, garantiti dalla nostra Legge Madre? Il silenzio.
Vi pare possibile che in un paese come il nostro, mentre ci sono persone che scendono in piazza ad inveire contro una giustizia considerata ingiusta, ci siano altre migliaia di persone che si vedono la loro dignità calpestata, senza uno straccio di lavoro, senza garanzie? Il silenzio.
Vi pare possibile che, mentre i media e i politici discutono su arresti domiciliari o affidamento in prova ai servizi sociali, ci sia una donna che muoia di parto perché l’elisoccorso è guasto? Il silenzio.
Perché la classe politica non mobilita le proprie risorse intellettive, purché ci siano realmente, per risolvere i veri problemi di una Italia che da decenni sta affondando? Perché? Il silenzio.
Mi vergogno nel vedere quelli che si dovrebbero chiamare “onorevoli”, disonorare senza ritegno il rispetto ed il valore di ogni singolo cittadino.

Mi sto profondamente vergognando di essere considerato un Cittadino italiano.

Gabriel Lena 

giovedì 1 agosto 2013

Una giornata diversa: invertiamo i ruoli

Educatore, insegnante, genitori, dottore, nonni, quante figure ruotano attorno ad un bambino e tutte con un ruolo ben preciso, solitamente indiscusso.

Ed il ruolo del bambino qual è?
Sicuramente essere bambino, con tutti i diritti che l'essere bambino comporta, senza - però - dimenticare i doveri.
Però, se un giorno, per qualche ora si invertissero i ruoli? 
Cosa accadrebbe?
Io, l'ho scoperto.

Innegabile dire che si aprono dei mondi, tutti da scoprire e che non aspettano altro!
Facce di una stessa medaglia, forse, coperte da quello che è appunto "il ruolo".
Per qualche ora, un giorno, ho svestito i panni dell'educatrice e ho voluto indossare quelli della bambina, imprestando i miei ad alcuni bambini.
Erano larghi, erano scomodi, erano belli, erano spigolosi, erano complicati...ma erano i panni "della Chiara".

E dunque mi sono trovata a chiedere "posso fare...andare...?";
ho dovuto aspettare che mi il cibo mi fosse servito nel piatto e, fino al termine del pranzo, non ho potuto lasciare la sedia (quando ho provato a farlo, sono stata messa a sedere immediatamente: «No, Chiara, non tocca a te!!»;
ho detto «grazie», quando normalmente avrei detto «prego»;
ho osservato come alcuni di questi bimbi si confrontavano con chi invece aveva tenuto i suoi "abiti";
ho visto come le regole che, di solito, faccio osservare e ripeto io, venissero fatte rispettare da chi ha l'abitudine di non farlo;
ho notato la fiducia che i bambini hanno fra di loro e di quanta attenzione prestino l'uno all'altro.

Sono state ore meravigliose, ho capito tante cose di quelle creature che ogni giorno passano, buona parte della giornata in mia compagnia. Ho avuto modo di avere un'altra prospettiva e di godere di quella posizione, loro sono stati splendidi e mi hanno insegnato tanto, ed io, grazie a questo "gioco", ho capito il valore degli sforzi quotidiani e del conseguente successo.
Non appena ho indossato nuovamente i miei panni, nonostante qualche strappo ed una ritrovata sicurezza è arrivata una frase:
«Chiara, io il tuo lavoro non lo farei mai, mi sono arrabbiato troppo. Perchè non si ascolta subito?? E poi tutta quella storia delle ore, no, il tuo lavoro non lo farò mai!».
Ho risposto che il "mio" lavoro è splendido grazie a loro, grazie all'entusiasmo che mi muove ogni giorno e che, capire determinate cose è importante in ogni situazione.

....e nonostante quel "non lo farò mai" il giorno successivo (ed anche quelli dopo) qualche vestito della Chiara è stato indossato da qualche bambino, in maniera così naturale e semplice che le soddisfazioni, a fine giornata a casa le porti, e tutto finisce nel cassetto dei ricordi.

Chiara